L'Editoria: Araba Fenice Della Comunicazione
- Massimo Porcelli
- 5 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 3 giorni fa

Sembra proprio che l’editoria patinata stia morendo per poi rinascere dalle sue ceneri. Da una parte celebriamo funerali: solo nel primo trimestre del 2024 le vendite di giornali e riviste in formato cartaceo sono sprofondate a 1,32 milioni di copie mentre il fatturato pubblicitario della stampa è sceso del 13,7%. Dall’altra battezziamo nuove testate che vedono la luce in modo del tutto inaspettato, e stiamo parlando di magazine e fanzine che non sono più semplici riviste, ma veri e propri oggetti da collezione, curati nei minimi dettagli, con grafiche mozzafiato e contenuti fuori dagli schemi.
Prendiamo per esempio le riviste di moda: ci sta che quelle “classiche”, editate dai grandi gruppi editoriali e zeppe di pubblicità, vendano poco o niente…le idee moda o le nuove tendenze non sono più tra le loro pagine ma sui social ormai pieni di mini, midi, maxi influencer che si vestono (e si svestono) davanti all’obiettivo, creano il vibe ed elargiscono il consiglio giusto a costo zero. E lo stesso accade per l'arredamento, il design, e via dicendo.
Oggi testate che fanno proseliti e che diventano talking piecessono quelle che hanno una qualità stratosferica dimostrano tutta lo loro competenza con la selezione degli articoli, la scelta dei fotografi e le proposte stilistiche. Basta scorrere il colophon per scoprire collaborazioni con i più importanti designer, art director, stylist e compagnia bella. Progetti che sembrano coffee table book più che riviste, amati da appassionati e non solo, con prezzi di copertina decisamente alti e spesso in tirature così limitate da andare subito sold out e diventare inevitabilmente oggetti di culto.
Attenzione, danno dipendenza: ne comprate uno e li volete tutti! Non ci credete? Beh, lasciatevi tentare… ecco una breve, ma ben ponderata, lista delle testate che cambieranno la vostra percezione dell’editoria:
VISCOSE JOURNAL: un tuffo nel mondo contemporaneo tra moda, arte e cultura. L’ultimo numero monografico, intitolato “Scent” è a forma di scatola di profumo.
A MAGAZINE CURATED BY: ogni numero è curato da un diverso designer di fama mondiale in veste di direttore creativo. Il numero creato da Martin Margiela è esaurito da anni ma potreste trovarlo al mercato nero per qualche migliaio di euro.
APARTAMENTO MAG: dedicato ad architetti e interior decorator. Un’ode agli interni vissuti, agli spazi più cool, alle case più chic: è la nuova bibbia di chi ama l’arredamento e il design... lontano dalla perfezione da showroom.
JOURNAL DU THÉ: da un’idea dell’artista multidisciplinare Johanna Tagada Hoffbeck racconta l’arte e lo stile del the (non potevamo non parlarne), racchiusi in pagine da collezionare.
KINFOLK (wow, il nostro preferito) dal 2011 parla di casa, lavoro, cultura ed è ormai un’authority nel lifestyle, connettendo una community globale di creativi dall’Europa al Giappone.
E se pensavate che le edicole fossero destinate a sparire, ripensaci. Le poche che resistono stanno cambiando pelle: NSS EDICOLA (pop un itinerante) e EDICOLA ERNO a Roma sono diventate veri e propri punti di ritrovo per chi è alla ricerca di nuovi talenti, nuove idee e molta creatività (cioè noi!).
Se la curiosità vi titilla e volete provare, ecco a voi alcuni shop online dove trovare il meglio dell’editoria avantgarde: FRABS MAGAZINES, che è anche un bellissimo negozio a Milano, MEDE Libreria della Moda e del Design con il suo catalogo vastissimo e, per i più snob, il mitico PAPERCUT che è la mecca scandinava dei magazine retailers.
Insomma, mentre l’editoria classica arranca, queste nuove realtà dimostrano che la qualità paga. Perché, diciamolo, cosa c’è di più bello che sfogliare pagine che profumano di carta pregiata, con immagini che sembrano quadri e contenuti che lasciano a bocca aperta? Le riviste di nicchia sono qui per ricordarci che l’editoria periodica non è morta. Ha solo trovato una nuova, elegantissima veste.

Au revoir Monsieur Ludot
Se Parigi è la capitale della moda, Didier Ludot è stato il suo archeologo più raffinato. Il suo regno? Una piccola boutique incastonata come un gioiello tra le colonne del Palais Royal, dove non si vendevano semplici vestiti, ma autentiche reliquie couture. Chanel d’epoca, Dior d’annata, Balenciaga quando Balenciaga era Balenciaga… Insomma, il tempio del vintage di lusso, il luogo dove ogni fashionista con un po’ di buon gusto (e un discreto budget) andava in pellegrinaggio.
E adesso? Adesso chiude. Fine. Sipario.
La moda perde uno dei suoi ultimi veri curatori (Ludot si definisce: Antiquaire de mode et expert CEA spécialisé dans la Haute Couture du XXem), uno che sapeva distinguere tra un abito con storia e uno uscito da una svendita dell’usato post-carnevale. Ludot non è stato solo un commerciante, era un custode del bello, un narratore di epoche in punta di ago e filo.
La chiusura della sua boutique lascia un vuoto che sa di tulle impalpabile e tweed perfettamente strutturato. Ma più di tutto, apre una domanda: chi raccoglierà il testimone? Chi avrà il coraggio di difendere il vintage? Giovani talenti con il fiuto per il glamour e la passione per il passato, fatevi avanti! Il mondo ha bisogno di nuovi Ludot, di mani esperte pronte a scovare tesori dimenticati, di occhi capaci di riconoscere il valore senza tempo di un abito ben fatto.
La moda non è fatta solo di tendenze usa e getta, ma di storia, cultura e – grazie a visionari come Ludot – di sogni che si possono indossare. Didier, ci mancherai. Ma la tua lezione resterà cucita nelle pieghe della moda.
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